Il Messaggio per la Santa Pasqua del Vescovo di Andria Sua Ecc. Mons. Luigi MANSI

“Stando ai racconti del Vangelo si vede chiaramente che Gesù spesse volte ha voluto preparare i suoi discepoli al momento della passione, della croce e della risurrezione. Almeno tre sono stati gli interventi, a distanza di poco tempo l’uno dall’altro, in cui Gesù ha detto ai suoi apostoli: «Stiamo andando a Gerusalemme e lì il Figlio dell’uomo dovrà soffrire molto per opera dei sommi sacerdoti e dei capi del popolo». Qualche volta è stato ancor più preciso, raccontando in anticipo tutta la passione: «…sarà flagellato, sarà schernito e sarà crocifisso, sarà ucciso ma il terzo giorno risusciterà»”

“Eppure dai racconti evangelici della Pasqua si vede chiaramente un elemento che ci fa pensare: gli apostoli hanno fatto fatica a credere alla risurrezione, non ci sono arrivati subito. Infatti vi si dice, tra l’altro, che Maria di Magdala, insieme ad altre donne erano andate al sepolcro al mattino presto, il primo giorno dopo il sabato convinte di dover andare a ungere, a profumare un cadavere per dargli la sepoltura definitiva, a tutto pensavano fuorché alla risurrezione; sconvolte dal dolore, nell’andare verso la tomba, una sola riflessione facevano: «chi ci rotolerà via il masso dal sepolcro?». Quando poi hanno visto la tomba aperta, vuota si sono impaurite, terrorizzate e la prima cosa a cui hanno pensato è stata:«Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove lo hanno posto». Hanno pensato che il corpo di Gesù fosse stato rubato. Per cui, sempre stando al racconto di Giovanni, tornarono subito dietro, corsero dagli apostoli proprio con questo annuncio sconvolgente: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro, non c’è più. Venite a vedere»”.

“Allora, ecco che due dei dodici, per l’esattezza, Pietro e Giovanni, il discepolo che Gesù amava, corsero affannosamente verso il sepolcro per rendersi conto di questa storia. Però quando furono sulla soglia del sepolcro cominciarono ad intuire che il corpo di Gesù non era stato rubato, non era possibile, per come stavano le cose. Infatti Giovanni, che arrivò prima, senza entrarvi, vide le bende per terra e il sudario che gli era stato posto sul capo, non a terra con le bende ma addirittura piegato in un luogo a parte. Allora rimase pensoso a guardare questi segni: «Ma è possibile che qualcuno è venuto e ha avuto il coraggio di togliere le bende da un cadavere, magari sporcandosi in maniera indecorosa? Ma chi avrà mai potuto fare una cosa del genere?»”.

“Allora quel dubbio, quel terrore, pian piano lasciano spazio alla notizia incredibile. Infatti poi entra anche Pietro e vede tutto e – dice il testo – «credette». Ecco le parole decisive: vide e credette. Vedere e credere sono i due verbi ineludibili della fede. Ma ci ritroviamo a chiederci: Che cosa ha visto? Non è che ha visto il risorto, magari! Lo vedranno poi la sera quando, sempre stando al racconto, andrà Gesù direttamente a trovarli, entrando a porte chiuse nel luogo dove si trovavano. Ma intanto, adesso l’aver visto già i segni della resurrezione è sufficiente: il sepolcro vuoto, le bende per terra, il sudario piegato. E come mai non avevano creduto prima? Gesù le aveva dette queste cose, aveva detto con chiarezza che doveva morire e doveva risorgere. Perché non hanno creduto prima?”

“Ci dice il vangelo: «Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura». Cioè c’è una verità un po’ amara da dire: quando Gesù parlava loro non stavano sempre a sentirlo; lui parlava, parlava… , quante cose aveva detto, cose bellissime, eccezionali, straordinarie, basterebbe pensare al discorso delle beatitudini, eppure non lo avevano ascoltato, preso sul serio. E queste cose le diciamo non per puntare il dito e dir male degli apostoli, che non hanno capito o che erano distratti.  Vogliamo dire invece che la fede è fatica per tutti, sempre, e tante volte convive col dubbio, non ce ne dobbiamo stupire”.

 

“Perciò quando noi fatichiamo a credere non ci dobbiamo impressionare, no! Dobbiamo anche accettarci in questa nostra realtà misera, una fede che fatica a farsi strada, una fede che fatica a scoperchiare le tombe. Accettiamoci così come siamo! L’importante è che, comunque, quando arriva il giorno di Pasqua ci si ritrova, quasi per incanto, tutti a condividere una immensa incontenibile gioia. Ecco, nonostante le nostre fatiche, le cadute, nonostante i nostri dubbi, poi comunque a Pasqua ci ritroviamo tutti a condividere la gioia di un annuncio: Gesù Cristo, il nostro Signore è risorto! I suoi testimoni ci hanno tramandato la notizia, hanno obbedito al loro maestro che ha detto loro: «Andate in tutto il mondo, portate questa notizia!». e quegli uomini fragili, deboli, pieni di miseria, sono diventati intrepidi, coraggiosi e si sono diffusi in tutto il mondo a portare quella notizia. Molti di loro, addirittura, hanno pagato con la vita questo annuncio. Pensiamo un po’, in quei tempi, anche senza televisione, senza radio e senza navigazioni elettroniche, quella notizia ha varcato la soglia di ben duemila anni ed è giunta fino a noi in tutto il suo splendore”.

“Anche noi, dunque, se pure non sempre crediamo, se pure tante volte fatichiamo a credere, lasciamoci toccare da questa notizia e lasciamoci invadere il cuore da questa gioia autentica, l’unica vera gioia, che trasforma il nostro cuore e, per riflesso, trasforma il mondo”.

“Noi, cari amici, sempre, ma ora che è Pasqua in maniera particolare, avvertiamo una nostalgia, un desiderio, un sogno: un mondo nuovo, più pulito, più buono. Ebbene, questo mondo chi lo farà? Lo faremo noi se, contagiati dalla gioia della Pasqua, a nostra volta contageremo il mondo con il nostro entusiasmo, il nostro impegno, il nostro servizio, portando l’annuncio della resurrezione. Mi colpiscono sempre le notizie degli organi di stampa e delle televisioni che riservano sempre uno spazio particolare ai cosiddetti Riti della Settimana Santa: immagini commoventi di processioni, preghiere; e poi i riti laici, quelli delle tavole, dei negozi… ma mi chiedo: Quali sono i riti della Pasqua? Sono veramente quelli che si svolgono nelle chiese? Sono quelli laici che si svolgono per le strade o sui banconi dei negozi? No! I riti della Pasqua sono quelli che facciamo noi quando uscendo dalle nostre chiese ci ritroviamo con le mani tese a stringere altre mani, con i cuori aperti ad accogliere altri cuori nel perdono senza condizioni, nell’amore, nella generosità senza misura, nel dono assoluto e irreversibile di noi stessi agli altri”.

“Questa è la Pasqua, questi sono i riti che dobbiamo compiere tutti”.

“Aver partecipato ai riti in chiesa e poi restare muti, rigidi, paralitici, di fronte al mondo che chiede di vedere ben altro  significa aver recitato solo la commedia della Pasqua. E noi, ne sono sicuro, non vogliamo essere attori o commedianti, vogliamo essere i veri annunciatori, i costruttori della Pasqua del mondo”.

 

“Auguri cari di una buona e santa Pasqua a tutti, carissimi fratelli a sorelle!”

 

Vescovo Luigi Mansi