Nella Vita di San Sabino sono ricordati solo due pellegrinaggi internazionali del VII secolo, che, tuttavia, non consentono di sostenere che vi fosse una devozione ampiamente diffusa. Infatti entrambi i pellegrini, uno spagnolo e uno aquilano, gravemente malati, seppero casualmente, in sogno, del potere taumaturgico di Sabino.
Del resto, anche se la documentazione è scarsa e reticente, si può ipotizzare un certo pellegrinaggio alla tomba tra il 688, anno del suo rinvenimento, durante il ducato di Grimoaldo II (687-689), nella chiesa di san Pietro, che era anche cattedrale (“Ad ecclesiam cathedralem, ubi majori populi isthuc confluentis pietate honoraretur, ex ea ecclesia quam Theoderada aedificarat, S. Sabini transtulit corpus”), e la traslazione delle reliquie del santo, poco prima dell’818, dalla cappella eretta da Teodorada “in camera subtus altare beatissimorum Martyrum Johannis et Pauli”, che, secondo l’Anonimo, era “ Sedem Pontificalem Canusinae urbis”, cioè chiesa vescovile e sedem propriam del vescovo Pietro e aveva lo scopo di facilitare l’afflusso dei fedeli alla tomba.
Tratto da:
PIETRO DALENA, La viabilità dell’area canosina e il pellegrinaggio alla tomba di san Sabino,in AA.VV.SAN SABINO. Uomo di dialogo e di pace tra Oriente ed Occidente,2002, Edizioni Università di Trieste, pp. 72-76